Report di un xl in Tunisia
Inviato: mer gen 20, 2010 12:46 pm
Salamelek gente!!
mick 70 e livio sono tornati dal Sahara, e mo ve dovete sorbì sto report, e
Cominciamo dall’inizio, quando durante non so quale cena vietata agli astemi, saltò fuori l’idea di fare qualcosa di alternativo all’Elefantentreffen, sempre nel mese di gennaio.
“E se andassimo a fare enduro in Africa?â€, è la domanda che qualcuno buttò lì più per scherzare che per altro, e invece…
Così incominciano i preparativi, si prenota il traghetto Genova – Tunisi, si prova ad approntare al meglio le moto, ci si iscrive a non so quanti forum per poi andare ad incontrare di persona quelli che già ci erano stati, insomma un bel daffare!
In uno di questi incontri, una simpatica coppia di friulani che già avevano compiuto l’esperienza prima di noi, ci mette in contatto col mitico Aldo, un brav’uomo genovese che già da tempo vive in Tunisia, e che si offre per ospitarci e farci da guida nel dedalo di piste che si diramano nell’immenso e desolato sud del paese.
Ed è così che l’8 gennaio 2010, sotto una fitta nevicata, raggiungiamo Genova col furgone, dal quale verranno scaricate le moto con le quali ci imbarcheremo.
L’inizio non è dei migliori: i circa 15 km da Pegli al porto li facciamo sotto una bufera di acqua e vento, poi nel porto ci perdiamo e non riusciamo a capire dove sta il molo giusto, poi quando lo troviamo un tipo ci dice che la nave non è ancora arrivata, quindi imbarcherà in mega-ritardo…non ci resterà altro che attendere bagnati e intirizziti in uno squallido terminal per le successive 6 ore, circondati da tunisini che ci guardano quasi con compassione…fortuna che da casa ci eravamo portati il Cabernet, e così l’attesa è più sopportabile…poi finalmente imbarco e partenza, quindi 24 ore di traghetto di cui le ultime ballare la macarena su un mare forza boh, ma forte, e quindi in serata arrivo al porto di Tunisi – , dove comincia la snervante prassi della dogana, dove si passa da un ufficio inutile all’altro, si accumulano carte su carte, e si perde un sacco di tempo.
La sera prima di partire, avevamo prenotato a Monastir, località rivierasca a circa 160 km dal porto: ci arriveremo all’una del mattino, stanchi e semi-assiderati da un freddo arrivato in Nord-Africa assieme a noi, e che non ci aspettavamo.
La mattina successiva riprende il viaggio verso Tataouine, dove ci aspetta Aldo, e sarà un’altra giornata di freddo, vento e bestemmie, dovute anche all’abbigliamento poco più che primaverile Comunque alla fine a Tataouine ci arriviamo, verso le 17.30 circa, e finalmente siamo a casa di Aldo e Graziella, che ci fanno subito sentire come in famiglia, e dove possiamo rimetterci in forze, perché lunedì mattina si comincia a far sul serio!!
Lunedì 11 gennaio si parte per il primo giro, che si svolgerà a sud di Tataouine, verso Remada: noi in moto e Aldo sul suo Toyota 4x4 a fare da apripista.
Su e giù per piste di ghiaia e pietre in paesaggi da far west, a visitare i caratteristici ksar, un po’ granai e un po’ fortezze, costruzioni antichissime, ricavate senza l’uso di mattoni, situate sempre in posizione sopraelevata e quindi panoramica.
Nel pomeriggio arriviamo presso un cratere, forse creato da un meteorite, e pieno di sabbia, dove finalmente potremo provare la sensazione di portare una moto su sabbia, appunto: FI-GA-TA!!!!
Minchia, l xl va che è una libidine, un trattore inarrestabile! Martedì 12 si va sui monti a nord di Tataouine, dove dopo un tratto di mulattiera tipo le nostre arriviamo anche su una bellissima altura ove sorge, oltre ad un bellissimo ksar, anche un’antica moschea.
In questo come in altri posti si trovano, semplicemente guardando per terra, un sacco di fossili, cozze, ricci di mare, e addirittura resti di dinosauri! Infatti Aldo accompagna spessissimo qui studenti e affermati ricercatori.
La sera ceniamo a casa di Aldo, ma fatico a prender sonno: l’indomani si parte verso la mitica oasi di Ksar Ghilane, e saranno sabbia e dune a volontà , basta pietraie…sarò in grado?
Mercoledì 13 è il grande giorno, ma il tempo non è il massimo: tira un vento fastidioso che solleva sabbia, comunque si parte lo stesso: qualche km di asfalto e poi comincia la pista che dopo un centinaio di km ci condurrà all’oasi.
All’inizio solito sterratone, poi comincia un po’ di sabbietta che invade la carreggiata, e poi le malefiche dunette, prima piccoline e poi sempre più alte.
Le dune non danno respiro, bisogna dar giù tutto in salita, poi scollinare senza esagerare con la velocità , e scendere senza far piantare l’anteriore, ma tenendo abbastanza velocità per affrontare la duna successiva, e avanti così senza tregua pena l’insabbiamento.
Un paio di volte mi insabbio, poi comincio a prenderci le misure, però è una faticaccia, e capita un tratto dove per fare 5 km ci vorrà 1 ora!
Comunque a forza di braccia gambe e smadonnamenti vari il tratto infame lo lasciamo alle spalle, e dopo aver attraversato la mitica Pipeline, la strada dell’oleodotto che va verso il profondo sud, gli ultimi 15 km e finalmente vediamo l’oasi!
Sono molto emozionato, quasi commosso, mentre in piedi sulle pedane ci avviciniamo trionfalmente a quella macchia verde circondata dal deserto,: quante volte abbiamo pronunciato quel nome, quante sere spese tra cartine geografiche, siti internet, coordinate gps…e quante ombre per sognare meglio!! Ed ora siamo qui, alla mitica Ksar Ghilane, non riesco a crederci!
Poi le sorprese non finiscono, perché scopriamo che al baretto vicino alle tende dove dormiremo vendonoa Celtja, buonissima ed economica birra tunisina, e così festeggiamo alla grande, prima di spogliarci e tuffarci nella pozza di acqua calda a 35° al centro dell’oasi, per un’inimitabile e rigenerante bagnetto.
Successivamente ci rimettiamo in sella per raggiungere il fortino a 4 km di distanza, e qui cominciano i cazzi: il vento ha sistemato tutte le dune contro di noi, nel senso che in quella direzione troviamo solo muri verticali: Aldo ha paura di insabbiare il Toyota, e senza un’altra macchina di supporto decide di non rischiare, così rientriamo all’oasi con le pive nel sacco, anche perché in tanti anni è la prima volta che non gli riesce di raggiungere il forte, solitamente cosa facile e alla portata di chiunque.
Ma il peggio è che per lo stesso motivo dovremo rinunciare alla parte più bella del giorno dopo: la pista da Ksar Ghilane a Douz, attraverso il Biben, un corridoio tra dune alte e intricate.
La sera ceniamo bene, e ci concediamo pure un’ottima bottiglia di rosso locale, più una fumatina al narghilè, e quando ci fanno gentilmente capire che il bar chiude, alla tardissima ora delle 20.40 siamo in branda.
Giovedì 14 il risveglio nella tenda dell’accampamento ha dell’incredibile: piove!!!
All’inizio non voglio crederci, e penso che qualche rincoglionito mi stia pisciando sulla tenda, ma poi devo arrendermi all’evidenza: vien giù che Allah la manda!
Dopo breve consulto Aldo decide di portarci a vedere altre oasi, una è Zmila e l’altra non mi ricordo.
Correre sulla sabbia bagnata è molto semplice, tanto più che un beduino ci ha detto che a Ksar Ghilane questo accade massimo 2 volte l’anno!
Vabbè, ci consoliamo facendo i dakariani sulle dune e sbevazzandoci un bel po’ di birre, che nelle oasi non mancano mai!
Dopo il solito pranzo al sacco salutiamo le dune del Grande Erg e raggiungiamo stradaccia che prima è sterrata, e poi asfaltata così male che era meglio sterrata, dopodiché imbocchiamo l’ultima pista, che dopo 60 km ci condurrà a Matmata.
Su questa pista ci do giù di brutto, raggiungendo quasi i 120/h e rischiando più del dovuto in qualche occasione, ma il ruggito del mono honda e la tenuta delle gomme erano un richiamo troppo forte!!
A Matmata con dispiacere ci separeremo da Aldo e dormiremo in un hotel ricavato in una delle costruzioni troglodite, patrimonio dell’Unesco, sulle cui pietre rimarranno i segnacci delle nostre gomme, visto che non fidandoci a lasciarle fuori abbiamo convinto l’omino alla reception a lasciarcele portare giù dai gradini fin dentro a una grotta!
Venerdì 15 giornata di trasferimento verso Nabeul,20 km a nord di Hammamet che immagino conosciate per altri motivi.
A Nabeul arriveremo sotto l’immancabile acquazzone e dopo centinaia di km di galleria del vento in autostrada (ma che bello il casco da enduro!!)
L’hotel consigliatoci da Aldo è carino, ma soprattutto e adiacente al ristorante “Sloveniaâ€, che prende il nome dalla nazionalità della consorte del padrone tunisino.
Lì la sera avremo il supremo piacere di deliziarci con un succulento stinco di porco con crauti e patate al forno, che neanche in Baviera, innaffiato da un ottimo rosso di provenienza locale, nonché grappette finali!
Sabato 16 cazzeggio per Nabeul, con visita al souk e alla medina, con inevitabile tentativo di appiopparci costosissimi tappeti e chincaglieria varia.
Comunque la medina merita sicuramente una visita
Domenica 17 il più lentamente possibile raggiungiamo La Gouletteper il triste imbarco verso casa, ma visto che siamo in anticipo, altra magnata e bevuta presso un ristorantino lì vicino, poi altra pallosissima dogana, e infine finalmente siamo in cabina.
Lunedì metà pomeriggio carichiamo le moto sul furgone, e dopo aver trovato nebbia da dopo Genova fino a Treviso, finalmente verso le 23.30 siamo a casuccia.
Ringraziamenti:
a livio, compagno di viaggio insostituibile, pronto a tutto e abbastanza pazzo da sopportarmi…
a Aldo, simpatico, bravo e competente, una guida ed un amico che consiglio a chiunque voglia recarsi da quelle parti…
a Graziella la moglie di Aldo, per averci accolto e fatto sentire a casa…
a tutti quelli che ci hanno pazientemente aiutato a preparare questo viaggio, in particolare Orietta e Michele di Pordenone e VitoYamaha di Padova, sono stati utilissimi!
Ma soprattutto un grazie ai nostri 2 vecchi cancheri di moto, che non ci hanno mai tradito, e che ci hanno sempre tirato fuori anche dai più infami sabbioni:
- Yamaha XT600 3tb del 1992, accensione a kick start
- Honda XL600 Paris Dakar del 1985
E chi parla male dei monocilindrici addavè nu figghio mariuolo!!
mick 70 e livio sono tornati dal Sahara, e mo ve dovete sorbì sto report, e
Cominciamo dall’inizio, quando durante non so quale cena vietata agli astemi, saltò fuori l’idea di fare qualcosa di alternativo all’Elefantentreffen, sempre nel mese di gennaio.
“E se andassimo a fare enduro in Africa?â€, è la domanda che qualcuno buttò lì più per scherzare che per altro, e invece…
Così incominciano i preparativi, si prenota il traghetto Genova – Tunisi, si prova ad approntare al meglio le moto, ci si iscrive a non so quanti forum per poi andare ad incontrare di persona quelli che già ci erano stati, insomma un bel daffare!
In uno di questi incontri, una simpatica coppia di friulani che già avevano compiuto l’esperienza prima di noi, ci mette in contatto col mitico Aldo, un brav’uomo genovese che già da tempo vive in Tunisia, e che si offre per ospitarci e farci da guida nel dedalo di piste che si diramano nell’immenso e desolato sud del paese.
Ed è così che l’8 gennaio 2010, sotto una fitta nevicata, raggiungiamo Genova col furgone, dal quale verranno scaricate le moto con le quali ci imbarcheremo.
L’inizio non è dei migliori: i circa 15 km da Pegli al porto li facciamo sotto una bufera di acqua e vento, poi nel porto ci perdiamo e non riusciamo a capire dove sta il molo giusto, poi quando lo troviamo un tipo ci dice che la nave non è ancora arrivata, quindi imbarcherà in mega-ritardo…non ci resterà altro che attendere bagnati e intirizziti in uno squallido terminal per le successive 6 ore, circondati da tunisini che ci guardano quasi con compassione…fortuna che da casa ci eravamo portati il Cabernet, e così l’attesa è più sopportabile…poi finalmente imbarco e partenza, quindi 24 ore di traghetto di cui le ultime ballare la macarena su un mare forza boh, ma forte, e quindi in serata arrivo al porto di Tunisi – , dove comincia la snervante prassi della dogana, dove si passa da un ufficio inutile all’altro, si accumulano carte su carte, e si perde un sacco di tempo.
La sera prima di partire, avevamo prenotato a Monastir, località rivierasca a circa 160 km dal porto: ci arriveremo all’una del mattino, stanchi e semi-assiderati da un freddo arrivato in Nord-Africa assieme a noi, e che non ci aspettavamo.
La mattina successiva riprende il viaggio verso Tataouine, dove ci aspetta Aldo, e sarà un’altra giornata di freddo, vento e bestemmie, dovute anche all’abbigliamento poco più che primaverile Comunque alla fine a Tataouine ci arriviamo, verso le 17.30 circa, e finalmente siamo a casa di Aldo e Graziella, che ci fanno subito sentire come in famiglia, e dove possiamo rimetterci in forze, perché lunedì mattina si comincia a far sul serio!!
Lunedì 11 gennaio si parte per il primo giro, che si svolgerà a sud di Tataouine, verso Remada: noi in moto e Aldo sul suo Toyota 4x4 a fare da apripista.
Su e giù per piste di ghiaia e pietre in paesaggi da far west, a visitare i caratteristici ksar, un po’ granai e un po’ fortezze, costruzioni antichissime, ricavate senza l’uso di mattoni, situate sempre in posizione sopraelevata e quindi panoramica.
Nel pomeriggio arriviamo presso un cratere, forse creato da un meteorite, e pieno di sabbia, dove finalmente potremo provare la sensazione di portare una moto su sabbia, appunto: FI-GA-TA!!!!
Minchia, l xl va che è una libidine, un trattore inarrestabile! Martedì 12 si va sui monti a nord di Tataouine, dove dopo un tratto di mulattiera tipo le nostre arriviamo anche su una bellissima altura ove sorge, oltre ad un bellissimo ksar, anche un’antica moschea.
In questo come in altri posti si trovano, semplicemente guardando per terra, un sacco di fossili, cozze, ricci di mare, e addirittura resti di dinosauri! Infatti Aldo accompagna spessissimo qui studenti e affermati ricercatori.
La sera ceniamo a casa di Aldo, ma fatico a prender sonno: l’indomani si parte verso la mitica oasi di Ksar Ghilane, e saranno sabbia e dune a volontà , basta pietraie…sarò in grado?
Mercoledì 13 è il grande giorno, ma il tempo non è il massimo: tira un vento fastidioso che solleva sabbia, comunque si parte lo stesso: qualche km di asfalto e poi comincia la pista che dopo un centinaio di km ci condurrà all’oasi.
All’inizio solito sterratone, poi comincia un po’ di sabbietta che invade la carreggiata, e poi le malefiche dunette, prima piccoline e poi sempre più alte.
Le dune non danno respiro, bisogna dar giù tutto in salita, poi scollinare senza esagerare con la velocità , e scendere senza far piantare l’anteriore, ma tenendo abbastanza velocità per affrontare la duna successiva, e avanti così senza tregua pena l’insabbiamento.
Un paio di volte mi insabbio, poi comincio a prenderci le misure, però è una faticaccia, e capita un tratto dove per fare 5 km ci vorrà 1 ora!
Comunque a forza di braccia gambe e smadonnamenti vari il tratto infame lo lasciamo alle spalle, e dopo aver attraversato la mitica Pipeline, la strada dell’oleodotto che va verso il profondo sud, gli ultimi 15 km e finalmente vediamo l’oasi!
Sono molto emozionato, quasi commosso, mentre in piedi sulle pedane ci avviciniamo trionfalmente a quella macchia verde circondata dal deserto,: quante volte abbiamo pronunciato quel nome, quante sere spese tra cartine geografiche, siti internet, coordinate gps…e quante ombre per sognare meglio!! Ed ora siamo qui, alla mitica Ksar Ghilane, non riesco a crederci!
Poi le sorprese non finiscono, perché scopriamo che al baretto vicino alle tende dove dormiremo vendonoa Celtja, buonissima ed economica birra tunisina, e così festeggiamo alla grande, prima di spogliarci e tuffarci nella pozza di acqua calda a 35° al centro dell’oasi, per un’inimitabile e rigenerante bagnetto.
Successivamente ci rimettiamo in sella per raggiungere il fortino a 4 km di distanza, e qui cominciano i cazzi: il vento ha sistemato tutte le dune contro di noi, nel senso che in quella direzione troviamo solo muri verticali: Aldo ha paura di insabbiare il Toyota, e senza un’altra macchina di supporto decide di non rischiare, così rientriamo all’oasi con le pive nel sacco, anche perché in tanti anni è la prima volta che non gli riesce di raggiungere il forte, solitamente cosa facile e alla portata di chiunque.
Ma il peggio è che per lo stesso motivo dovremo rinunciare alla parte più bella del giorno dopo: la pista da Ksar Ghilane a Douz, attraverso il Biben, un corridoio tra dune alte e intricate.
La sera ceniamo bene, e ci concediamo pure un’ottima bottiglia di rosso locale, più una fumatina al narghilè, e quando ci fanno gentilmente capire che il bar chiude, alla tardissima ora delle 20.40 siamo in branda.
Giovedì 14 il risveglio nella tenda dell’accampamento ha dell’incredibile: piove!!!
All’inizio non voglio crederci, e penso che qualche rincoglionito mi stia pisciando sulla tenda, ma poi devo arrendermi all’evidenza: vien giù che Allah la manda!
Dopo breve consulto Aldo decide di portarci a vedere altre oasi, una è Zmila e l’altra non mi ricordo.
Correre sulla sabbia bagnata è molto semplice, tanto più che un beduino ci ha detto che a Ksar Ghilane questo accade massimo 2 volte l’anno!
Vabbè, ci consoliamo facendo i dakariani sulle dune e sbevazzandoci un bel po’ di birre, che nelle oasi non mancano mai!
Dopo il solito pranzo al sacco salutiamo le dune del Grande Erg e raggiungiamo stradaccia che prima è sterrata, e poi asfaltata così male che era meglio sterrata, dopodiché imbocchiamo l’ultima pista, che dopo 60 km ci condurrà a Matmata.
Su questa pista ci do giù di brutto, raggiungendo quasi i 120/h e rischiando più del dovuto in qualche occasione, ma il ruggito del mono honda e la tenuta delle gomme erano un richiamo troppo forte!!
A Matmata con dispiacere ci separeremo da Aldo e dormiremo in un hotel ricavato in una delle costruzioni troglodite, patrimonio dell’Unesco, sulle cui pietre rimarranno i segnacci delle nostre gomme, visto che non fidandoci a lasciarle fuori abbiamo convinto l’omino alla reception a lasciarcele portare giù dai gradini fin dentro a una grotta!
Venerdì 15 giornata di trasferimento verso Nabeul,20 km a nord di Hammamet che immagino conosciate per altri motivi.
A Nabeul arriveremo sotto l’immancabile acquazzone e dopo centinaia di km di galleria del vento in autostrada (ma che bello il casco da enduro!!)
L’hotel consigliatoci da Aldo è carino, ma soprattutto e adiacente al ristorante “Sloveniaâ€, che prende il nome dalla nazionalità della consorte del padrone tunisino.
Lì la sera avremo il supremo piacere di deliziarci con un succulento stinco di porco con crauti e patate al forno, che neanche in Baviera, innaffiato da un ottimo rosso di provenienza locale, nonché grappette finali!
Sabato 16 cazzeggio per Nabeul, con visita al souk e alla medina, con inevitabile tentativo di appiopparci costosissimi tappeti e chincaglieria varia.
Comunque la medina merita sicuramente una visita
Domenica 17 il più lentamente possibile raggiungiamo La Gouletteper il triste imbarco verso casa, ma visto che siamo in anticipo, altra magnata e bevuta presso un ristorantino lì vicino, poi altra pallosissima dogana, e infine finalmente siamo in cabina.
Lunedì metà pomeriggio carichiamo le moto sul furgone, e dopo aver trovato nebbia da dopo Genova fino a Treviso, finalmente verso le 23.30 siamo a casuccia.
Ringraziamenti:
a livio, compagno di viaggio insostituibile, pronto a tutto e abbastanza pazzo da sopportarmi…
a Aldo, simpatico, bravo e competente, una guida ed un amico che consiglio a chiunque voglia recarsi da quelle parti…
a Graziella la moglie di Aldo, per averci accolto e fatto sentire a casa…
a tutti quelli che ci hanno pazientemente aiutato a preparare questo viaggio, in particolare Orietta e Michele di Pordenone e VitoYamaha di Padova, sono stati utilissimi!
Ma soprattutto un grazie ai nostri 2 vecchi cancheri di moto, che non ci hanno mai tradito, e che ci hanno sempre tirato fuori anche dai più infami sabbioni:
- Yamaha XT600 3tb del 1992, accensione a kick start
- Honda XL600 Paris Dakar del 1985
E chi parla male dei monocilindrici addavè nu figghio mariuolo!!